L’insegnante di Yoga nel postmodernismo
Ci si interroga su quale potrebbe essere il ruolo dell’insegnante di Yoga in quest’epoca postmoderna. Come è chiaro a tutti, lo Yoga, tra tutte le attività motorie, è quella che più si è prestata alla trasformazione postmoderna dove tutto viene digitalizzato, ed i praticanti sono interconnessi digitalmente, ognuno pratica nel suo loculo casalingo convinti che le loro energie si scambino attraverso l’etere, mentre la terrea realtà si chiama solitudine.
Lo Yoga però, può far leva su altre sue peculiarità per uscire almeno in parte dal pantano digitale. Grazie alla sua caratteristica intrinseca, che spinge il praticante alla ricerca di una relativa lentezza ed alla sua conseguente qualità di lasciare più spazio alla relazione dialogica, può trasformarsi in ciò che era originariamente ovvero un’attività rivoluzionaria.
Chiaramente non sarà come sempre il mezzo in sé a fare la differenza. Quindi non il COSA (lo Yoga?) ma il COME: non sarà il praticare Yoga ma il CONTESTO nel quale lo si pratica, sarà responsabilità dell’insegnante creare una condizione “attorno” alla lezione che promuova socialità e aggregazione, che spinga le persone al confronto umano, a porsi delle domande e coltivare il dubbio. Un contesto “sano” che crei legami tra i partecipanti, che gli trasmetta un senso di appartenenza, che li faccia sentire utili e parte di qualcosa. Questa è la vera sfida dello Yoga oggi.
Un passaggio difficile che in pochi faranno, ma che da un senso profondo e non superficiale al tutto, spostando il centro dalla pratica in sé al contesto nel quale la pratica viene svolta. Chi non farà questo passaggio sarà triturato dal “mercato” e accantonato come inutile: prima sostituito da insegnanti di Yoga patinati “hollywoodiani” che faranno “imperdibili” lezioni online, poi da intelligenze artificiali che rimpiazzeranno gli ancor imperfetti attori hollywoodiani.
m.m.