L’esperienza interiore

L’esperienza interiore

Qualche giorno fa, con Emanuela, facciamo una bellissima gita speleologica in una caverna. Ovviamente non vediamo nulla di clamoroso, a mala pena vediamo qualcosa. Rimane però nella nostra memoria come una bellissima esperienza: muoversi tra i cunicoli, trovare modo di entrare e calarsi in buchi strettissimi, percepire lo scorrere sotterraneo dell’acqua, essere in una sorta di cattedrale sotterranea senza però riuscire a scorgerne i contorni.

Alla fine, una ragazza ci spiega che se ci interessa lì vicino c’è una caverna tutta illuminata e “addomesticata” con una cascata bellissima che avremmo potuto ammirare senza alcuna fatica. Non le ho risposto per evitare spiegoni non richiesti ma dentro di me mi chiedo come sia possibile non comprendere che la bellezza e la magia stanno nell’esperienza interiore e non in ciò che vedono gli occhi ovvero nell’oggetto esteriore e che la fatica e la sofferenza fanno parte della bellezza. Ciò che ha un valore, che ci insegna qualcosa e che porteremo con noi non è l’oggetto esterno ma ciò che l’esterno accende al nostro interno. In fondo ammiriamo le evoluzioni della nostra coscienza che apprende e si espande.

La scalinata della foto, ad esempio, è diventata per noi una sorta di “stairway to heaven” solo perché la sua visione è arrivata dopo cinque ore di salita e fatica.

Anche la semplice fotografia prende vita grazie al carico emotivo di chi l’ha scattata nel momento in cui lo ha fatto.

Gli esseri umani sopravvissuti devono necessariamente comprendere questa differenza altrimenti l’operazione di disumanizzazione in atto troverà il suo compimento.

L’imperativo è dare valore a ciò che ci rende unici. 

m.m.

*Foto di copertina di Emanuela Boriotti, Great Smoky Mountain - North Carolina

alessandra quattordio