E guardo il mondo a testa in giù, non mi annoio più! Cosa succede nel nostro cervello durante le inversioni?

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Yoga and the Brain - rubrica a cura di M. Elide

“Avete mai visto un pipistrello o un bradipo con l’osteoartrite? Certo che no, perché passano la vita a testa in giù!”. Questa è una delle prime storielle in cui mi sono imbattuta preparandomi per l’articolo di questo mese, e già mi immaginavo titoli accattivanti e sensazionali. Invece niente, vi dovete accontentare di questa storpiatura della Carrà, perché il fatto pare effettivamente essere una leggenda metropolitana (chi l’avrebbe mai detto?!).

Oggi parliamo, infatti, di inversioni, e come al solito partiamo dal principio. Con questo termine nell’ambito yogico ci riferiamo a tutte quelle posizioni in cui il cuore si trova più in alto rispetto alla testa. Queste posture ci consentono di percepire un effetto di sollievo immediato a livello della colonna vertebrale che per gran parte del tempo subisce, a causa degli effetti della gravità, una continua compressione verso la coda. Diversi studi sono stati condotti con gli inversion tables (o panche) che hanno una funzione prettamente clinico-riabilitativa: le persone si sdraiano e vengono portate sottosopra a diversi gradi in base alle esigenze terapeutiche. I risultati di queste ricerche hanno dimostrato che quando siamo in posizione invertita la tensione muscolare diminuisce del 35%. Questo dato, però, non può essere applicato in toto agli asana invertiti, in quanto un ingaggio muscolare c’è, eccome! Tuttavia, non dobbiamo per forza pensare a chissà quale acrobazia: la candela, il cane a faccia in giù, l’aratro, uttanasana, sono tutte posture accessibili che ci possono aiutare a ottenere distensione nella colonna. Quindi seppur in presenza di sostegno muscolare, questi asana riducono la tensione, con effetti positivi sulla postura, sui livelli di stress e sul sonno. E non dimentichiamoci che il muro è sempre un ottimo alleato.

Ma come mai vi parlo anche di schiena oggi? Perché il sistema nervoso centrale (SNC) include anche la colonna, o meglio ciò che essa protegge, cioè il midollo spinale. Qui sono contenute le code dei neuroni che non solo trasferiscono i comandi motori dal cervello ai muscoli, ma anche i segnali sensoriali dalla periferia al cervello. Di fatto si occupa di mettere in connessione il cervello con il resto dell’organismo; quindi, sappiate che non sto divagando impropriamente, ma solo segnalando l’importanza di un midollo disteso e sollevato! Ormai dovreste sapere che ci tengo a essere precisa… Ma passiamo ora all’encefalo: so benissimo che siete impazienti di leggere cose cervellose.

È opinione comune che molti dei benefici apportati dalle inversioni riguardino la circolazione sanguigna, e in particolare un maggior afflusso di sangue al cervello. A conferma di ciò ho trovato uno studio di un gruppo di ricerca turco che descrive proprio i cambiamenti a livello emodinamico (ossia delle dinamiche sanguigne) delle verticali sul nostro cervello. Per farlo i ricercatori hanno utilizzato una tecnica a me molto ben nota, ossia la NIRS (Spettroscopia del Vicino Infrarosso), che funziona in modo simile a un gigante saturimetro (quel cosino che si mette sul dito). In questo caso lo strumento viene posizionato sulla testa con una fascetta o una cuffia. È una tecnica totalmente non invasiva in quanto sfrutta semplicemente lo spettro luminoso, e soprattutto è portatile e si può usare anche in movimento (e a testa in giù). Ma torniamo allo studio: ebbene, i risultati sembrano proprio confermare che, durante la verticale, vi sia un significativo aumento in termini di ossigenazione sanguigna a livello cerebrale. Che cosa significa questo? Nel sangue sono contenuti glucosio e ossigeno, che costituiscono il carburante dell’attività cerebrale. C’è qualcuno che non ha pensato ai globuli rossi di “Esplorando il corpo umano” che trasportano le bolle di ossigeno sulla schiena? Ricordate la canzoncina “Siamo fatti così” e gli zuccherini nel flusso sanguigno? Non ditemi che siete troppo giovani (o i miei riferimenti “culturali” troppo datati?!). Ad ogni modo, se il cervello ha a disposizione grandi quantità di carburante, i neuroni riescono a svolgere meglio le loro funzioni, tra cui la sintesi di neurotrasmettitori, con conseguenti effetti positivi anche a livello cognitivo: in relazione alle inversioni, infatti, viene riportata una maggiore efficienza in termini di lucidità mentale, memoria e concentrazione.

Inoltre, una maggiore disponibilità di ossigeno e glucosio all’interno delle cellule nervose può portare benefici anche al funzionamento neuro-endocrino, promuovendo la secrezione ormonale. Su questo aspetto non ho evidenze neuroscientifiche da raccontarvi nel dettaglio, ma ho una testimonianza: la mia insegnante di yoga ci dice sempre che adora farci fare le inversioni perché, nonostante la fatica e le imprecazioni, subito dopo sorridiamo tutti e si diffonde una sensazione di benessere e pace. Io mi fido ciecamente. E voi cosa ne pensate? Avete mai avuto una percezione simile?

Alla prossima puntata e mi raccomando, praticate le inversioni anche per allenare il coraggio, la creatività e ovviamente… per puro divertimento! Passo e chiudo.

Per i più nerd:


La rubrica Yoga and the Brain affronta alcuni temi legati alla pratica dello Yoga dal punto di vista della ricerca neuroscientifica. Parleremo del rapporto mente-corpo, degli effetti dello yoga e del movimento sul cervello, dei confini tra scienza e spiritualità e molto ancora, in un'ottica tutt'altro che riduzionista, ma anzi di ricerca e integrazione. In fondo "Yoga" significa "Unione"...

M. Elide si è diplomata ad Hariom nel 2020. È Psicologa e si occupa da anni di ricerca neuroscientifica. Si destreggia tra lo studio di Mente e Corpo, riconoscendo nella consapevolezza del loro incontro la vera forza della pratica e della conoscenza di sé.

alessandra quattordio