Il canto della ‘OM’ incanta il drago delle nostre emozioni. Com’è l’amigdala degli yogis?
Yoga and the Brain - rubrica a cura di M. Elide
Abbiamo visto nelle puntate precedenti come la pratica dello yoga sia associata a un aumento di volume cerebrale in alcune regioni specifiche. Oggi parliamo, però, di un’area che è decisamente più piccola della norma… Niente paura, in realtà questa caratteristica sembra essere piuttosto vantaggiosa, ma iniziamo con le dovute presentazioni.
Diamo il benvenuto all’amigdala, che non solo è un bellissimo nome per una gatta (true story!), ma è anche un fondamentale agglomerato di nuclei nervosi che funziona come un vero e proprio sistema di allarme nelle profondità più profonde del nostro cervello, e più precisamente nel sistema limbico. È la regina indiscussa delle emozioni, se ne sta lì come un drago sulla torre del castello a scandagliare tutte le informazioni, a giudicarne il pericolo e la salienza emotiva, e fondamentalmente… a sputare fuoco. Cioè, lei sputa ormoni e segnali elettrici, però l’obiettivo è lo stesso: metterci in guardia e difenderci. E lo fa velocemente, senza controllo cognitivo. È cieca e tirannica, fastidiosa e scomoda: ci fa allarmare anche quando non è strettamente necessario (una cosa viscida sulla gamba mentre nuotiamo nel mare è SICURAMENTE un mostro marino, e non un’alga!). Però diciamocelo francamente, ci guarda le spalle.
Ha la forma di una mandorla, e ce n’è una per ogni emisfero cerebrale. L’amigdala dell’emisfero sinistro si occupa soprattutto dell’elaborazione delle emozioni piacevoli, quella di destra delle emozioni sgradite, come la tristezza, ma soprattutto la paura. Vi ricordate? Ripassiamo? Dai! Secondo il modello dell’Approach-Avoidance ciascuno di noi è principalmente guidato nei suoi comportamenti da una motivazione all’avvicinamento, ossia una propensione a muoversi verso uno stimolo desiderato, oppure da una motivazione all’evitamento, che ci allontana da stimoli indesiderati. In parole povere, ognuno agisce o ricercando stimoli gradevoli e positivi per sé, oppure cercando di evitare le magagne, le punizioni, i rimproveri, gli sbattimenti!
Quindi in base a queste caratteristiche di personalità tenderemo ad avere un circuito emotivo più ricettivo dell’altro, a sinistra o a destra. Provate a pensarlo su voi stessi: siete più approach o più avoidance? Non è certamente una distinzione netta, ci muoviamo all’interno di uno spettro. Bisogna solo prestare attenzione alla rabbia, perché è un false friend: nonostante sia un’emozione a valenza “negativa”, essa rientra nel circuito legato ai comportamenti di approccio. Può essere definita, infatti, come una reazione che si scatena quando un ostacolo interrompe la nostra corsa verso un obiettivo desiderato, che consiste, ad esempio, nell’ottenere una (ma anche mezza) gioia!
Tutto molto bello e intrigante, ma veniamo al sodo. Com’è l’amigdala degli yogis? Come accennavo prima, diversi studi hanno dimostrato che l’amigdala delle persone che praticano yoga ha dimensioni decisamente più contenute. La cosa interessante è che questo non accade per l’amigdala di sinistra, ma solo per l’amigdala di destra, legata all’elaborazione di stimoli indesiderati. I ricercatori hanno interpretato questo dato in relazione a una (presunta) maggiore capacità da parte di chi pratica yoga di far fronte a eventi stressanti. Questo non lo dicono loro, ma lo ipotizzo io: probabilmente c’è una maggiore tendenza a osservare, accogliere e lasciare andare, rispetto a una modalità di risposta che implica reazioni impulsive immediate.
Ma attenzione che non è ancora finita: arriva il pezzo forte! In un esperimento di un gruppo di ricerca indiano è emerso che l’amigdala può anche essere “ammaestrata” con il semplice canto della ‘OM’, quasi in stile pifferaio magico. Mi spiego meglio: i ricercatori hanno sottoposto dei volontari a risonanza magnetica funzionale mentre cantavano la ‘OM’ oppure il semplice suono ‘sss’, e solo nel primo caso l’attività dell’amigdala risultava diminuita in modo significativo. Questo vuol dire che il canto del mantra è in grado di disattivare in qualche modo la responsività del sistema limbico. Gli studiosi hanno spiegato questo fenomeno mettendo in relazione la vibrazione a livello del viso, e in particolare intorno alla zona delle orecchie, con la stimolazione del nervo vago. Questo è il più lungo del sistema nervoso autonomo e regola l’attività parasimpatica dell’organismo, ossia quella legata al riposo, con una funzione di mantenimento dell’omeostasi.
Quindi quando ti trovi nel traffico e parte la gara a chi suona più forte il clacson, quando pesti il mignolino del piede, quando a colazione la fetta cade ovviamente dalla parte della marmellata, quando i tuoi amici, genitori, figli ti fanno disperare, quando torni a casa e i gatti hanno fatto cadere qualsiasi cosa, quando sei al lavoro e non ne puoi più dei soliti discorsi…
Ammaestra la bestia, canta la ‘OM’. Ooooommmmm…
Un approfondimento per i più nerd…:
La rubrica Yoga and the Brain affronta alcuni temi legati alla pratica dello Yoga dal punto di vista della ricerca neuroscientifica. Parleremo del rapporto mente-corpo, degli effetti dello yoga e del movimento sul cervello, dei confini tra scienza e spiritualità e molto ancora, in un'ottica tutt'altro che riduzionista, ma anzi di ricerca e integrazione. In fondo "Yoga" significa "Unione"...
M. Elide si è diplomata ad Hariom nel 2020. È Psicologa e si occupa da anni di ricerca neuroscientifica. Si destreggia tra lo studio di Mente e Corpo, riconoscendo nella consapevolezza del loro incontro la vera forza della pratica e della conoscenza di sé.