I superpoteri dello yoga: praticare raddoppia la tolleranza al dolore

Yoga and the Brain - rubrica a cura di M. Elide

Ci sono quattordici yogis e quattordici non praticanti che mettono la mano nell’acqua gelata… Sembra l’inizio di una barzelletta, e invece non è altro che un esperimento scientifico di un gruppo di ricercatori bontemponi canadesi che volevano indagare il rapporto tra pratica yoga e percezione del dolore. Prima di iniziare l’esperimento vero e proprio hanno misurato la sensibilità dei partecipanti alle variazioni termiche e la soglia del dolore, applicando sull’avambraccio un dispositivo con cui è possibile somministrare calore o freddo. In questo modo, variando la temperatura di poco alla volta, è stato possibile misurare quanto accuratamente e velocemente i partecipanti fossero in grado di rilevare cambiamenti termici e sensazioni dolorose, il tutto con un semplice click del mouse.

Dopo queste prime fasi preliminari i partecipanti sono stati sottoposti alla prova formale (chiamata test di tolleranza, o sopportazione) che consisteva nell’ immergere la mano fino al polso in una vasca di acqua fredda, freddissima (5°C). Dopo di che, bisognava semplicemente rimuoverla quando il dolore non fosse stato più sopportabile, mentre gli sperimentatori misuravano il tempo di permanenza in immersione, e quindi di tolleranza al dolore. Secondo me mi sono divertiti un sacco…

Alla fine di questa prova i soggetti sperimentali venivano intervistati sul tipo di strategie utilizzate per sopportare il dolore e le loro risposte sono state poi analizzate e suddivise per categorie. Inconcepibilmente nella pubblicazione non ho trovato traccia di imprecazioni… Saranno finite sicuramente nella categoria 2: “espressione di emozioni negative”, certo… Come ciliegina sulla torta i partecipanti venivano poi scannerizzati con una bella risonanza magnetica per confrontare i cervelli dei due gruppi: praticanti e non praticanti (o gruppo di controllo).

Veniamo, ora, ai risultati… In riferimento alle valutazioni preliminari è emerso che il “gruppo yoga” aveva una soglia maggiore nella sopportazione del dolore causato dalle alte temperature, ma il dato più rilevante riguarda l’esperimento della vasca d’acqua fredda. La misurazione dei tempi di immersione, infatti, ci dice che gli yogis hanno tenuto la mano nell’acqua ben più del doppio del tempo (quasi 90 secondi) rispetto al gruppo di controllo (poco meno di 40 secondi). Ma come hanno fatto a resistere così a lungo? Facile: utilizzando maggiormente strategie basate sul respiro, sull’accettazione non giudicante delle sensazioni e sul rilassamento mentale e corporeo. Al contrario, nel gruppo di controllo sembrano prevalere strategie volte a distrarsi o a ignorare il dolore.

Ma veniamo, ora, al cuore… cioè al cervello del problema! Nella puntata precedente abbiamo visto come alcune regioni cerebrali abbiano un volume maggiore tra le persone che si dedicano alla disciplina dello yoga e tra le varie aree abbiamo incontrato l’insula. Beh, la sorpresa è che la ritroviamo di nuovo qui. Grazie alla sua collocazione nel limbo tra strutture profonde e superficiali, infatti, è in grado di integrare le informazioni che arrivano direttamente dal corpo dandogli un senso soggettivo, cioè elaborandole anche a livello cognitivo. Il passaggio in realtà funziona anche all’inverso, ossia l’insula può utilizzare le informazioni già possedute a livello cognitivo per modulare le risposte emotive, cognitive e valutative del dolore. In parole povere, trasforma il dolore in qualcosa di noto, rendendolo, di fatto, più facilmente digeribile.

Morale della favola? Se avete mai avuto l’impressione che praticare vi dia dei superpoteri, beh, probabilmente è vero.

Un approfondimento per i più nerd:


La rubrica Yoga and the Brain affronta alcuni temi legati alla pratica dello Yoga dal punto di vista della ricerca neuroscientifica. Parleremo del rapporto mente-corpo, degli effetti dello yoga e del movimento sul cervello, dei confini tra scienza e spiritualità e molto ancora, in un'ottica tutt'altro che riduzionista, ma anzi di ricerca e integrazione. In fondo "Yoga" significa "Unione"...

M. Elide si è diplomata ad Hariom nel 2020. È Psicologa e si occupa da anni di ricerca neuroscientifica. Si destreggia tra lo studio di Mente e Corpo, riconoscendo nella consapevolezza del loro incontro la vera forza della pratica e della conoscenza di sé.

alessandra quattordio