I sogni svelano la vera personalità

Ecco la mia.
Sono febbricitante per la prima volta in modo serio negli ultimi anni. Per me è una sensazione bellissima di fragilità acuita dal fatto di essere solo in casa. Mi corico coprendomi un po' con tutto quello che ho. Chiudo gli occhi e inizio a sognare. 

Le immagini del sogno mi vedono su un campo da rugby, il mio sport di squadra preferito, ma fuori dal campo in panchina. Siamo verso la fine del primo tempo e la mia squadra ha la maglia della Scozia, la mia nazionale preferita perché eternamente perdenti, ma siamo molto giovani, probabilmente sui vent’anni. L’allenatore mi fa cenno di entrare, mi illumino e gli chiedo in quale ruolo. Mentre me lo spiega il primo tempo finisce senza che io possa entrare. Inizia il secondo tempo e l’allenatore, con il quale vi è chiaramente un’antipatia reciproca, ci ha ripensato. Gli faccio notare che mi tiene in panchina da tempo e non mi vede giocare da tanto. Lui trova delle scuse e dentro di me monta un nervosismo, trattenuto prima, che poi lascio andare dicendogli di tutto. Sugli insulti mi sveglio agitato e nervoso, ho persino il fiatone per la rabbia. Allora volutamente richiudo gli occhi e riprendo il sogno e, con la forza di volontà, lo faccio andare come voglio.
Perché io non porto rancore e quindi come va a finire? Che l’allenatore mi fa entrare all’ultimo minuto. Io prendo la palla, faccio tutto il campo evitando i placcaggi dell’altra squadra e arrivo in meta, quella della vittoria. Un bravo ragazzo si godrebbe semplicemente il fatto. Io no. Vado dall’allenatore e lo prendo platealmente per il culo. Lui giura che non giocherò più, ma a quel punto chi se ne frega. 

Ecco chi sono io senza la Manu: se ci fosse stata lei a bordo campo a guardare, il mio superego, gli insulti all’allenatore me li sarei evitati e sarei uscito con eleganza. Invece senza di lei sono così: una testa di c***o.

m.m.

alessandra quattordio