Tapas bar

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I primi 2 degli 8 passi dell’ashtanga definiti da Patanjali sono Yamas e Nyamas, e racchiudono l’etica e il corretto stile di vita da seguire quando si decide di intraprendere il cammino dello Yoga in modo più o meno serio. Non si tratta di indicazioni esoteriche particolarmente difficili da ottenere, ma bisogna impegnarsi un po' per capirne davvero il significato. Prendiamo il Nyama Tapas, che, per molte scuole di Yoga tradizionali è il precetto fondamentale: la disciplina. Tradotta letteralmente, la parola significa ”creare calore” e sottolinea il controllo del corpo, della parola e della mente, in modo da trasformare il fuoco istintivo del desiderio in quello della consapevolezza e del potere.

Quando si pratica il silenzio, il digiuno e l’immobilità di alcune parti del corpo (per esempio durante la meditazione seduta), si sviluppa questo controllo e si migliora l’autodisciplina. Tapas si può ( e forse si dovrebbe) applicare a qualsiasi ambito della nostra vita; se vogliamo imparare l’inglese dobbiamo studiarne la grammatica, impararne la sintassi, memorizzare le parole, ma andare a lezione una volta alla settimana farà ben poco per la nostra padronanza della lingua, se non ci applichiamo anche a casa, magari guardando un telefilm o leggendo un libro in inglese. Stessa cosa per il tennis, il bricolage, l’informatica, qualsiasi cosa che vogliamo (o dobbiamo) imparare necessita impegno e disciplina o ci sarà sempre qualcuno che si è impegnato più di noi e si godrà le vacanze, vincerà tornei o verrà assunto al posto nostro.

Nello yoga, per fortuna, Tapas non è da utilizzarsi per “battere gli altri”, ma la si usa per stare meglio, per rilassarsi nel silenzio, per poter arrivare a eseguire un asana in modo corretto e benefico, per riuscire a liberarsi dall’attaccamento (non solo alle cose materiali), per imparare ad “ascoltarsi”, non solo durante la pratica, ma soprattutto fuori dal tappetino.

Disciplina nella pratica significa costanza, certo, impegno e fatica, ma bisogna ricordarsi di essere disciplinati anche nel lasciar andare, nell’accogliere a braccia aperte Santosha (Yama), la felicità che deriva dal godere davvero il momento presente, senza giudizio e senza fretta di arrivare per forza prima “degli altri”. Per molti praticanti questo concetto è davvero difficile da capire e spesso tanta è la fretta di arrivare a fare la posizione “difficile”, che si perdono ¾ del viaggio.

Forse, per sviluppare una disciplina che sia sana e proattiva, sarebbe necessario liberarsi dal sentimento della competitività (e dall’EGO!!!) che si è radicato prepotentemente nell’anima del nostro secolo e prendersela un attimo più tranquilla.

alessandra quattordio