La ricchezza del nulla
Un anno fa risalivamo il Gange per arrivare alla fonte. Un anno fa è iniziato a cambiare tutto. Solo adesso, dopo un anno inizio a raccogliere consapevolmente i frutti di quello che è stato seminato durante il viaggio in India.
Giravamo con qualche kg di vestiti, libri e oggetti vari nello zaino; io per la precisione ero partita con 8kg, pensavo di esser stata brava, di essere riuscita a ridurre allo stretto necessario i miei averi per un mese in giro per l’India, ma dopo un po’ mi resi conto che mi stavo sbagliando. Molti oggetti e vestiti erano solo un peso: non li stavo indossando e non avrei avuto occasione di farlo ma sopratutto non ne sentivo proprio il bisogno. Durante quel viaggio ho iniziato a sentire meno il bisogno di tante cose; osservavo come la semplicità della gente che mi circondava mi attirasse molto di più e mi apparisse magicamente essenziale, come un bicchiere d’acqua dopo una camminata sotto il sole.
Adesso dopo un anno da quel viaggio la mia vita è cambiata... Ho iniziato ad eliminare il superfluo, ho iniziato a togliere tanti vestiti vecchi dall’armadio, ho allontanato le persone che non apportavano un valore aggiunto al mio percorso, e i punti di vista da cui la guardavo sono stati totalmente capovolti, ma non sono ancora giunta alla meta. Oggi i miei ritmi quotidiani hanno preso i ritmi di una lezione di Yin Yoga: lenta e consapevole. Si praticano poche asana ma in quelle poche si va in profondità scontrandosi con i propri blocchi... e lì non puoi far altro che lasciarti andare... tenere il controllo non ti aiuterà, anzi devi perderlo totalmente, abbandonarti alla posizione e avere fede che piano piano diventerà comoda... mentre prima fluivo in un costante Vinyasa, che non dico che fosse brutto anzi, mi faceva comunque sentire viva ma sui piani superficiali, quelli proprio dell’epidermide e non mi permetteva di poter sentire me stessa a pieno. Sentivo il respiro che fluiva da un’asana all’altra, sentivo la forza di volontà che scorreva per voler raggiungere un’asana considerata difficile dal mondo esterno... ma non riuscivo a sentire me, non riuscivo a scendere veramente in profondità, non riuscivo a percepire la mia fascia, colei che tiene tutto unito.
E oggi mi sento di nuovo come in quel giorno in cui partendo da Gangotri abbiamo iniziato a camminare sugli strapiombi dell’Himalaya, direzione sorgente del Gange, sul Ghiacciaio di Gomukh. Lo zaino è pesante, il cammino è in salita, la strada è tortuosa e a momenti devi un po’ arrampicarti. Man mano che sali l’aria diventa più rarefatta e non permea bene nei tuoi bronchi, la vista si offusca e la testa gira... ti fermi e cominci a mettere in pratica qualche tecnica di Pranayama che ringrazi il cielo di conoscere, che riporta un po’ di ossigeno al tuo corpo...
Ricominci a camminare, la strada però è ancora in salita e mancano ancora molti km, ti viene da piangere... la parte pigra di te vorrebbe tornare indietro ma il sole sta calando e non puoi fermarti sul sentiero. Fai un bell’inspiro, riempi i polmoni e continui ad andare spinta da un’unica consapevolezza: sto andando verso la fonte... ma questa volta la fonte è dentro di me.